22 maggio 2022. Ultimo giorno del Festival Up To You
Gaja: Prima e dopo lo spettacolo Under the flesh di Bassam Abou Diab con Ayman Sharaf El Dine incontriamo i due performer libanesi. Mayma e Ebtissam della RE.M ci fanno da interpreti, le lingue si mischiano, si intrecciano i luoghi, le storie. Dopo l’incontro le parole di Bassam continuano a suonare nelle nostre teste, nella festa che ci anima nel giardino di Valeria; ci mettiamo a cantare in cerchio attorno alle candele e a suonare e a raccontare; arriva anche Ayman Sharaf El Dine a suonare con noi, insieme a tutte le ragazze della rete Risonanze Network arrivate a Bergamo per il festival. Così nasce un momento di condivisione di esperienze, voci, poesie, musica, percorsi molto lontani ma con una voglia in comune: l’amore per l’improvvisazione, per il ritmo, il ritmo che Under the flesh ci ha insegnato essere fondamentale per la sopravvivenza, il ritmo che ti permette di lasciarti andare e di cadere ma di non mollare perché ti ritira su. E così abbiamo imparato insieme a sollevarci e a ricadere stando in comune in un equilibrio e disequilibrio costante fra parola e ascolto, silenzio e suono. Così come questo racconto che segue, questo intreccio di voci e sensazioni che nasce dall’accostare pensieri, intervista, sguardi e racconti.
Valeria: Cala il silenzio in sala nel teatro di Scanzorosciate, ma le luci non si spengono. Alle nostre spalle si avvicinano Bassam Abou Diab, performer, danzatore, coreografo e regista dello spettacolo; Ayman Sharaf El Dine, performer e musicista; e Rabii Brahim, che rincontriamo qui nelle vesti di traduttore dopo averlo visto ne Gli altri (qui, Frammenti di sguardi su Gli altri لخرین di Corps Citoyen ). Il racconto inizia ancora prima che arrivino le parole.
Bassam: Ho dei ricordi di bombardamenti, di corpi buttati per terra, immagini che sono nella memoria.
Valeria: Bassam mi guarda negli occhi e sorride, mi fa sentire accolta. Poi rivolge quello stesso sguardo e quello stesso sorriso al pubblico intorno a me e ad Ayman e a Rabii, creando subito un’atmosfera intima, dove la distanza platea/palco sembra scomparire. Poi arrivano le voci, Bassam inizia a parlare in arabo, lingua a cui non sono abituata e, semplicemente, mi sono sentita non più a casa, non più a teatro, non più in Italia, ma in un posto lontano, sconosciuto, altro rispetto a ciò che conosco.
Bassam: Da bambino mi piaceva molto Superman, allora immaginavo di poter volare e prendere quegli aerei, buttarli per terra, spaccarli. Era la unica soluzione, l’unico mezzo che mi faceva sentire al sicuro.
Valeria: La mediazione con il “mio” mondo è affidata alla voce di Rabii, che traduce e interpreta simultaneamente quello che viene detto. E insieme alle parole arriva anche LA BOMBA! Risuona un colpo secco di tamburo nel teatro intero e tutte le poltroncine sobbalzano. Io mi sento in colpa ad avere paura di un battito di tamburo.
Bassam: La musica comincia dai suoni, qualsiasi suono ascoltiamo può essere una musica, cominciamo ad appropriarci del suono quando si crea un valore intorno. I suoni delle guerre che sentiamo sono proiettili, bombe, aerei… ma se non ci ammazzano, ci fanno muovere.
Valeria: Da qui è tutto un alternarsi di bombe, di strategie per sfuggirle, di sopravvivenza, di festeggiamenti, di crescita e di consapevolezza. Ayman con la sua musica crea atmosfere che non ho mai visto o vissuto, e mentre sono lì nella mia comoda poltroncina imbottita resto spiazzata davanti alla semplicità e all’ironia con cui viene raccontata questa storia, durante la quale si balla, si fa festa.
Bassam: Il festeggiamento è un sistema di difesa psichica e morale, per poter continuare, per poter andare avanti. In Libano c’è una vera e propria cultura della festa, siamo un popolo che esce a festeggiare dopo ogni crisi. Usciamo a festeggiare una vittoria contro il nemico anche se sono morte persone e il paese è distrutto.
Valeria: Resto spiazzata. Forse è il senso di colpa che mi ritrovo a provare per non aver provato sulla mia pelle le cose di cui stanno parlando? Per non essermi mai fermata a pensare davvero a cosa voglia dire vivere una guerra?
Bassam: Diventare un supereroe. Era la soluzione di me bambino di fronte a una cosa che faceva molta paura. Lo racconto in questo intreccio di danza folcloristica e contemporanea. Siamo così, siamo popoli legati alla danza, al movimento, dalla festa fino alla morte. In tutte le occasioni c’è un tipo di espressione corporea.
Valeria: Lo spettacolo finisce lasciando dentro molto da rielaborare e prima di affrontare questo subbuglio interiore in solitudine, parliamo ancora con Bassam e Ayman…
Mayma: E poi eravamo lì. Eravamo lì a parlarci, a raccontare un malessere comune perché ad un tratto nessuna terra era lontana. Il Libano e la sua resistenza. Eravamo vicinu. Sotto un unico racconto insieme abbiamo creato una bella storia. Come sopravvivere al male. Sopravvivere o rimanere vive. Libere nei nostri corpi, esprimere e buttarlo via. È come se avessimo cercato un modo per esprimere qualcosa. Ho sempre pensato che dalla sofferenza nasce la bellezza. L’arte del corpo diventa cura, la musica racconta una storia, una storia comune, cantata dal margine di una società. Una paura che arriva alla mente e attraversa il corpo come se fosse melodia e dai corpi nei margini della storia nasce la vera storia. Quella bella.
Gaja, Luca, Mayma, Monia, Valeria
Questo è l’ultimo articolo della RE.M Up To You 2022.
Grazie per averci ascoltate. E a presto.