Quattro movimenti. Nel Cosmorama di Nicola Galli

Sguardi sul site-specific in un universo gestuale, in un percorso itinerante

Progetto performativo sostenuto attraverso Residenze artistiche nella natura urbana curato da Margine Operativo, supportato dalla Rete Ecoritmi // Fondazione Roma Tre Teatro Palladium, Eticae, Margine Operativo // con il contributo del Ministero della Cultura – Next Generation EU.

Movimento 1. “Accesso”.

foto Carolina Farina

“Accesso” mi sembra la parola chiave, l’opportunità che ci è stata data. L’accesso ad un mondo, la possibilità di entrarvi con il giusto ritmo, il rispetto adeguato concessoci per procedere, addentrarci nello spazio della performance.
È giovedì, sono le 19:30 circa e il cielo su Roma è denso più che mai, sembriamo attraversati e ricoperti da una nebulosa opaca e biancastra. Non ci sono nuvole su di noi e il sole è avvolto da una patina ma lo scopriamo solo a metà tratta. 
Site specific implica che la performance è stata pensata per essere realizzata in un determinato ambiente geografico.
L’ambientazione iniziale della performance Cosmorarama di Nicola Galli nella programmazione del festival Attraversamenti Multipli così come immaginato da Margine Operativo prevede la Tor Fiscale a sinistra dei performer. Loro sono in due e tengono tra le mani due bastoni di metallo a testa. I loro colori sono simili a quelli che li contornano. C’è afa anche tra i loro corpi. Muovono i bastoni quasi cercando aria, vie di fuga, spazio. 
Li vediamo lontani, le loro braccia si confondono con gli steli che si intrecciano. 
Solo quando si lasciano avvicinare il suono cupo diventa grave, squillante, il volume più alto. Colano dai loro volti gocce di sudore e questa volta riusciamo ad osservarle.
Continuiamo ad attraversare il campo, invaso dal giallo e dal verde, spostiamo lo sguardo e i nostri corpi a destra; c’è il sole poggiato su di  loro che giocano a creare delle forme, a non staccarsi, a restare agganciati al metallo. Poi i bastoni diventano uno, costruito il legame. A quel punto il peso è maggiore e sollevarlo diventa più intenso, i loro movimenti sembrano impreziosirlo, eliminando tracce di pesantezza.
Sollevandolo ci attraversano, passano su di noi che restiamo silenziosi e rispettosi della loro costruzione. 
Alcuni di noi vengono sfiorati e ingaggiati per il trasporto.
Le mani dei danzatori passano sulle schiene, sulle mani di alcuni di noi, ne indirizzano i movimenti iniziali, poi grazie ad un atto mimetico, tutto sembra essere consequenziale e spontaneo. 
Il sole è perfettamente sferico, sul terreno trovano, assieme, uno spazio per piantare il bastone verticalmente. Si deposita lì la fatica della performance, le difese di ognuno sono basse, la grazia sussiste nei corpi che hanno interagito in sincrono. 

Noi osservatori, dopo la performance, in cerchio, siamo in attesa di ricevere qualche restituzione. 
Elias e Ashraf, della redazione, riportano le loro impressioni. 
In italiano Ashraf dice che ha depositato lì, assieme al bastone, quello che di spiacevole è presente nella sua mente. Un gesto catartico, uno scioglimento; un respiro pulito. 
Vorremmo sapere di più da lui così incalziamo con le domande, ma basta, lasciamoglielo dire in arabo quello che ha sentito, senza sforzo.
C’è un silenzio assoluto intorno ai suoni — a noi incomprensibili — delle sue parole, eppure è presente tutta la sua carica emotiva. La traduzione è stata breve in confronto ma sembriamo aver compreso lo stesso.

Jamira Colapietro

Movimento 2. “Dentro Cosmorama” .

foto Carolina Farina

I miei occhi di spettatrice sono una macchina da presa: Campo lungo. I personaggi sono collocati all’interno di un ambiente e la loro azione è legata all’ambiente in cui si svolge. Nicola e Giulio, con i loro eleganti completi color panna, si confondono tra le erbe del campo del Parco di Torre del Fiscale e diventano un prolungamento delle spighe che leggere svolazzano nel campo. 
Linee e curve contraddistinguono i loro movimenti che presto sono accompagnati dalla manipolazione di bastoni di metallo. Li osserviamo danzare in un concentrato unisono. Percepisco come tangibile l’ascolto che hanno tra di loro: aguzzo anche l’udito. La performance si sviluppa attraversando vari luoghi del parco e quindi passeggiamo accompagnati dallo scricchiolio delle erbe secche sotto i nostri piedi. Mentre progressivamente ci avviciniamo ai performer, i bastoni che hanno maneggiato fino ad ora diventano per accumulo sempre più lunghi fino ad un unirsi per formare un unico lungo oggetto. 
Riduciamo la distanza dalla quale li osserviamo: Campo stretto. Un lungo bastone mi passa sopra la testa. Così senza nemmeno accorgermene sono parte dello spazio performativo. Nicola e Giulio con intensi sguardi e senza mai abbandonare la continuità dei loro movimenti invitano gli spettatori e le spettatrici a prendere parte alla loro liturgia. Così piano piano Ashraf, Federica, Elias – alcuni membri di LEREM Redazione Multiculturale – insieme ad altr* si connettono con loro. L’intensità che i performer hanno saputo creare e la comunicazione chiara e profonda stabilita con il pubblico, mi commuove. Ne è la prova la cura con cui il pubblico partecipa alla loro pratica. Mi lascio quindi inghiottire dalla cerimoniosità dei movimenti di Nicola Galli che ha saputo sintonizzarci sulla sua stessa frequenza. Stessa energia, stesso ritmo dei movimenti, medesimo ascolto. Era come se avessimo accordato i nostri strumenti/corpi sulla stessa nota e stessimo emettendo vibrazioni orchestrali.

Giorgia Belotti

Movimento 3. “Luce, io, fiore, acqua”.

foto Carolina Farina

Ho scelto una poesia, di un poeta Iraniano Sohrab Sepehri

Luce, io, fiore, acqua
Coglie il basilico mia madre.
Pane, basilico e formaggio, cielo senza nubi, rugiada sulle petunie,.
La redenzione è vicina: qui, tra i fiori del cortile.
Quale carezza versa la luce nella ciotola ramata!
La scala fa scendere il mattino dalla cima del muro.
Tutto è nascosto dietro un sorriso.
Ha uno spiraglio il muro del tempo, si intravede il mio volto.
Ci sono cose che non so.
So che morirò, se colgo il filo d’erba.
Salgo su, fino in cima, sono pieno di volo.
Scorgo vie nelle tenebre, sono pieno di lumi.
Sono pieno di bagliore e sabbia,
di alberi e rami,.
Pieno di vie, ponti, fiumi, onde.
Pieno dell’ombra di una foglia nell’acqua:
quanta solitudine dentro di me!

روشنی ، من ، گل ، آب.


پاکی خوشه زیست
مادرم ریحان می چیند
نان و ریحان و پنیر آسمانی بی ابر ، اطلسی هایی تر
رستگاری نزدیک : لای گل های حیاط
نور در کاسه مس ، چه نوازش ها می ریزد
نردبان از سر دیوار بلند ، صبح را روی زمین می آرد
پشت لبخندی پنهان هر چیز
روزنی دارد دیوار زمان ، که از آن ، چهره من پیداست
چیزهایی هست ، که نمی دانم
می دانم ، سبزه ای را بکنم خواهم مرد
می روم بالا تا اوج ، من پرواز بال و پرم
راه می بینم در ظلمت ، من پرواز فانوسم
من پرواز نورم و شن
و پر از دار و درخت
پرم از راه ، از پل ، از رود ، از موج
پرم از سایه برگی در آب
چه درونم تنهاست

سهراب سپهری

(…) Così che il lettore scopre in lui la potenza circolare del sapere poetico e mitico che affratella i popoli piuttosto che separarli come fanno l’economia, la politica, e spesso anche le religioni quando diventano istituzioni e dogmi. Sepehri sa fondere il livello mistico e spirituale della sua esperienza con quello quotidiano: ed eccolo che si siede “sul bordo della vasca in cortile:/ pesciolini, luce, io, fiore, acqua”. Sembra che parli di un riflesso, forse parla proprio di questo, ma di un riflesso che ai suoi occhi è grappolo puro di vita. (…)

(dalla postfazione di Giuseppe Conte)

Zara Kian

Movimento 4. “Ho imparato a capire”.

Ho imparato che c’è sempre un motivo per ogni cosa, che le cose belle non puoi farle accadere per forza, le cose belle avvengono quando meno te lo aspetti. Ho imparato che in una qualche misura siamo importanti per ognuno di coloro che ci circondano, e che anche chi non te lo dice può volerti bene, lo si vede da un gesto. Ho imparato che l’amicizia non si vede dal tempo in cui ci si frequenta o ci si sente, credo di non aver imparato abbastanza della vita, ma quello che so è un viaggio in treno con un unico biglietto. Beh, ho imparato a cercare di rendere un pò migliore il viaggio mio e di chi mi sta attorno. Che belle sarebbe il mondo se ognuno nel suo piccolo lo facesse. E grazie per la pazienza. 

Oumar N’Diaye

La RE.M. di Attraversamenti Multipli 2024 dopo aver visto:

concept e coreografia: Nicola Galli
danza: Nicola Galli, Giulio Petrucci
dramaturg: Giulia Melandri
cura e promozione: Margherita Dotta
produzione: LAC Lugano Arte e Cultura, TIR Danza
Progetto performativo sostenuto attraverso la Residenza artistica curata da Margine Operativo, supportata dalla Rete Ecoritmi // Fondazione Roma Tre Teatro Palladium, Eticae, Margine Operativo // con il contributo del Ministero della Cultura – Next Generation EU

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