Parametri possibili per una performance

Flashback-flashforward, prima e dopo la creazione artistica con Claudio Larena e Nicola Galli a Interazioni Festival

foto Carolina Farina

Nel 2023, dopo aver partecipato al laboratorio Spinte con Claudio Larena, Zara Kian scriveva:

“Quando all’inizio abbiamo spinto con il corpo la terra, io ho provato alcune parti che non uso mai per spingere, la pancia, l’orecchio, non avevo immaginato mai come fosse possibile spingere da alcune parti del corpo. Tu pensi che conosci il tuo corpo, però da quel momento capisci che non lo conosci bene, che lo devi ancora scoprire” (qui, l’articolo completo).

foto Carolina Farina

Con Zara Kian, Frishta Haidari, Giuseppe Mongiello, Dahirou Bambore, Goli Azad, Abdur Rahman Howlader e Zara Muradi ci eravamo “spinti”, con tutta la cura di Claudio Larena nel suo workshop, a partire dal suolo e poi tra noi, all’interno di Ostudio.

“Fristha: My perception was this: I am a part of the earth. The pressure from every part of my body enters the ground, it is a two-way pressure. And still, in the movements that we did as a team, I felt some of the 5 types of shaking. Pushing with kindness, pusshing beacuse you are not in the mood, with anger, because it is your responsibility to do it, because you should do it with a friend. It was so good for me (…) I think we belong to the earth”.

Dopo un anno, in questa edizione 2024, ritroviamo Spinte in forma di performance. E allo Spazio Rossellini, durante l’ultima giornata del festival, prima di entrare a vedere la performance di Nicola Galli, Genoma Scenico, incontriamo Claudio Larena e riprendiamo con lui il dialogo aperto un anno fa.

foto Carolina Farina

Ciao Claudio, ci racconti cosa è successo a “Spinte” dopo il laboratorio al quale abbiamo partecipato nel 2023?

Claudio Larena: Dopo quel laboratorio ho avuto alcuni periodi di residenza, durante i quali ho lavorato con diversi performer; la pratica che ho condiviso con voi è sempre stata alla base del lavoro di scrittura e sono andato lentamente a stratificarla, a scriverci sopra. L’ho fatto durante i due periodi di residenza ad Ater Balletto a Reggio Emilia e il secondo a Milano con dei momenti in mezzo di due o tre giorni in vista di alcune presentazioni che ci sono state, una al Teatro Basilica e una sempre ad Ater, e poi una a Ravenna al festival Ammutinamenti. Queste sono state le tappe, e soprattutto a Milano il lavoro ha cominciato a essere scritto e composto. 

Come è stato lo sviluppo compositivo fino ad arrivare alla performance che abbiamo visto?

Il processo si è sviluppato a partire dall’idea che avete sperimentato anche voi nel laboratorio e a seconda anche dei performer che incontravo andavo a scrivere delle composizioni diverse rispetto alle dinamiche che emergevano stando nel meccanismo della spinta, fino a creare delle partiture che poi venivano proposte sempre a performer diversi. L’idea del workshop è continuata ad esistere, perché di base è una pratica su cui puoi effettivamente scrivere e da quella pratica si possono andare a prendere le immagini che di volta in volta si creano.

Quali sono le immagini che ti restano di questo anno di laboratori e di pratica?

Il caos, e la goffagine, che è stata molto importante da ricordare; e il corpo timido, non necessariamente il corpo atletico. 

foto Carolina Farina

L’inizio della performance di Nicola Galli interrompe il dialogo con Claudio Larena. Ci ritroviamo così, nuovamente, all’interno di una relazione attorno alla creazione tra pubblico e performer. Genoma scenico si struttura in fatti “in una sessione di gioco nella quale le persone sono coinvolte attivamente nella creazione di brevi performance di danza, facendo esperienza del ruolo di autori e coreografi. ll dispositivo si compone di 33 tessere disposte su un tavolo da gioco che rappresentano una varietà di parametri possibili che determinano una performance. Ogni partecipante può scegliere liberamente 7 tra le 33 tessere per generare una personale stringa genomica che contiene tutte le informazioni che andranno a comporre una breve performance: il numero di interpreti che agiranno la stringa, lo spazio nel quale dovranno danzare, le qualità di movimento, la durata, la qualità del suono e la direzione della luce”.

foto Dorina Alimonti

Zara Muradi: it remembers me a game, Duz. We play this game when we were child in Afghanistan, so much, we paint the line on the floor and after that we used stones to play. 

Così dopo aver partecipato alla creazione delle coreografie nella performance di Nicola Galli ci ritroviamo di nuovo fuori dalla sala, e stavolta ci auto-intervistiamo, per provare capire cosa ci sia dietro le scelte del ‘corredo crosmosomico’ di quanto avevamo creato e poi guardato.

Coreografia 1. Khanum Yehoian, Dorina Alimonti, Jamira Colapietro

foto Carolina Farina

Khanum Yehoian: io ho scelto una persona, il performer vestito di verde, perché prima avevano danzato gli altri due. Volevo farli riposare e far danzare l’altro performer.

Dorina Alimonti: per me era interessante vedere tutte le possibilità del corpo danzante muoversi nello spazio, la qualità del movimento che mi piaceva di più era quella del torcersi e ho scelto quella perché la volevo rivedere, perché esprime la fluidità e la circolarità nello spazio. 

Khanum Yehoian: abbiamo scelto tre minuti perché era un tempo giusto per vedere tutti i movimenti, per permettere alla persona di aprirsi.

Dorina Alimonti: per la luce stavo cercando poi il controluce, che disegna la silhouette, e in questo spazio così ampio crea anche una sfumatura argentata lungo il profilo del corpo e lo mette in risalto.

Khanum Yehoian: io in realtà avrei voluto usare tutta la luce, per vedere come una persona in scena si rende visibile completamente, come un eroe. Il ritmo della musica che abbiamo scelto era invece in risposta al pezzo più lento e tranquillo della performance precedente.

foto Carolina Farina

Jamira Colalpietro: io aggiungo che secondo me la creazione in tre comunque è complessa; io avrei messo un altro movimento, e anch’io avrei voluto una luce diffusa per vederli totalmente. Però ad esempio sulla scelta del suono ritmico ci siamo trovate.

Khanum Yehoian: è stato molto bello perché abbiamo fatto un’improvvisazione anche noi, senza aver tempo di pensare troppo. Si, abbiamo performato anche noi in quel breve tempo per sistemare le tessere.

Coroeografia 2. Zara Kian, Frishta Haidari

foto Dorina Alimonti

Frishta Haidari: In my perspective I would like to work in a group, I choose three persons and also we choose all the movements and slow music.

Zara Kian: si abbiamo scelto una musica grave.

Frishta Haidari: And the light just in one side. 

Zara Kian: mi ha sorpreso quanto l’atmosfera che abbiamo creato fosse “da middle-east”.

Frishta Haidari: This performance for me show how can we play the life in a difficult situation. 

Zara Kian: C’è un modo di dire da noi che di solito usiamo e che dice: “tu balli con tutte le musiche che mettono, con ogni strumento che suona”

Frishta Haidari: This is the life. You don’t know never the next situation, when the new situation come you have to dance, you have to be flexible. When you have a flexible personality you can play good, if you are too soft or too hard you can’t do in this world.

foto Carolina Farina

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