Il laboratorio di visione LeREM interagisce con le performance di Edoardo Mozzanega, Salvo Lombardo e Glauco Salvo
Interazione 1_Dream of a Tiger di Edoardo Mozzanega
Zara Muradi: The atmosphere of the show was friendly, I felt like my childhood when I used to sit with my siblings and cousins all together and one of the elders told the stories. The instruments they used made the atmosphere and feelings more real, the wind, pets, sounds and coldness of Ostudio made them more real like I was outside in nature.
Luca Lòtano: Ci alziamo così dal tappeto di Dream of a tiger, ideazione e creazione di Edoardo Mozzanega, da quello spazio orizzontale, condiviso e dedicato alla contemplazione, all’ascolto e al racconto, tra realtà e visione, “in cui la logica del sogno viene utilizzata come strumento per allenare modi non lineari per attivare un corpus di storie in cui la figura della tigre appare come elemento ricorrente”. Ci alziamo e ci rendiamo conto che abbiamo voglia di continuare a raccontare. “La bellissima creazione dello spazio in studio tra le pelli e le forme del corpo degli animali mi ha reso desiderosa di liberarmi e strisciare. A volte con gli occhi aperti e a volte con gli occhi chiusi, nell’aria fresca che soffiava su di noi”. Dice così Zara, prima di iniziare a raccontare.
Zara Kian: In Iran esiste una storia vera tra una tigre e una ragazza di nome Mina. È come una favola ma, in qualche modo, è anche vera.
“About a 100 years ago in Mazandaran Province in Iran, a young girl named Mina and a Persian leopard became friends. When Mina was older, a jealous villager in love with her shot and killed the leopard. This much of the story is true, says artist Naeemeh Naeemaei in the opening statement to her exhibit running through at the Jordan Schnitzer Museum of Art. The rest of the story is the stuff of legend because no one knows for sure what happened to Mina”.
Dreams before extinctions
Mina era una ragazza del villaggio di Kandolus, nel nord dell’Iran, nella provincia di Māzandarān che geograficamente è divisa in due parti: la striscia di costa e di pianura lungo il mar Caspio da una parte, e dall’altra la catena montuosa dell’Elburz, con il monte Damavand, un vulcano quiescente alto 5610 metri, la cima più alta dell’Iran e di tutto il Medio Oriente. Nelle foreste di Māzandarān, fino alla sua estinzione nel 1970, ha vissuto la tigre del Caspio.
Secondo i detti e i racconti, Mina aveva gli occhi rosso rubino. Ecco perché la gente la chiamava Minai Chesh Gorgi o “Worg Chesh”. Mina era una ragazza orfana che viveva sola nella sua capanna. Una casa che esiste ancora a Kandolus e che oggi è diventata uno dei luoghi di interesse di Mazandaran, una casa la cui finestra, in uno dei vicoli stretti e belli di Kandolus, continua a ricordare la tigre che ascoltava lì dietro la voce della donna. Gli anziani e i narratori raccontano che, sebbene Mina fosse bella, i suoi occhi rossi facevano sì che i bambini avessero paura di lei e scappassero quando la vedevano.
Mina era orfana, e già da giovane doveva fare molte cose da sola. Doveva andare nella foresta per procurarsi la legna per la sua stufa e mentre la raccoglieva cantava ad alta voce per vincere la paura e la solitudine nella foresta; fu la sua voce a far innamorare una tigre, al punto che l’animale sentì l’odore delle impronte di Mina e trovò la sua casa, anche di notte, per andarla a guardare. Una notte, la tigre si arrampicò sul ramo di un albero e salì sul tetto della casa di Mina. Quando Mina sentì il rumore sul tetto salì sulla scala e, a quella vista, svenne. Quando riprese conoscenza, la tigre era sopra la sua testa. Mina chiese con paura, tremando e balbettando, “cosa ci fai qui”?. Solo allora Mina capì che la tigre non l’avrebbe attaccata. Lo stesso colore degli occhi di Mina e della tigre e la loro solitudine li avvicinarono ogni giorno di più fino al punto in cui tigre aiutò Mina a raccogliere e trasportare la legna nella foresta. Di giorno Mina andava nella foresta e di notte la tigre veniva davanti casa sua. Il villaggio se ne accorse e la storia si diffuse: la storia di una tigre che si innamorò degli occhi rossi di Mina e del suo bellissimo canto, e che ogni notte sporgeva la testa attraverso la finestra nella capanna di Mina per vederla.
Quando la gente di Kandolus scoprì l’amore di Mina e della tigre, in molti avevano paura di uscire di casa la notte. Fino a quando Mina fu invitata a un matrimonio nel vicino villaggio di Kandolus, a Nitchkoh. Mina non voleva andare, aveva paura che la tigre potesse annusare le sue tracce e venire a Nitchkoh per incontrarla, e durante la prima notte di nozze la maggior parte degli uomini aveva in mano delle pistole e la tigre era in grave pericolo. Ma le ragazze e le donne di Kandlousi insisterono perché andasse a questo matrimonio.
Quella notte, la tigre arrivò al villaggio, e quando non vide Mina seguì il suo odore e si incamminò verso il villaggio di Nitchkoh. Quando si avvicinò al villaggio i cani la attaccarono ma la tigre, ferita, arrivò alla casa dove si era svolta la cerimonia nuziale e chiamò Mina con un grido. Gli invitati al matrimonio erano terrorizzati, gli uomini iniziarono a sparare alla tigre. Quando Mina si rese conto che la tigre era stata colpita e che poteva essere morta, iniziò a piangere e a colpirsi. I sospiri e i gemiti di Mina erano così profondi e dolorosi che la gente del villaggio piangeva per il suo dolore.
Mina si rinchiuse in casa fino alla fine dell’inverno e non permise a nessuno di farle visita. Finché in uno dei giorni nebbiosi di primavera, Mina uscì di casa e andò nella foresta, si perse nella nebbia e non tornò più. La gente di Kandolus era preoccupata per lei, in molti e presero delle lanterne per trovarla nel cuore della foresta. Ma Mina non fu mai ritrovata.
A poco a poco, si vociferava che la tigre fosse sopravvissuta, fosse tornata e l’avesse portata nella foresta per vivere insieme per sempre. Intanto, la gente ha aspettato per anni il ritorno di Mina e si è presa cura della sua casa. Una casa che esiste ancora oggi a Kandolus.
Zara Muradi: Dream of tiger answer me this question: “Hai mai avuto paura di essere ucciso da un animale?’’ I can say ‘no’, because I’m more afraid of human than animals even in my dreams. I have seen and touched some animals, I have never felt scared being killed by them but I felt scared of being hurt .
Khanum: “ho mai avuto paura che un animale mi uccidesse?” ho pensato che fin dall’infanzia non ho avuto questa paura, ma ho sempre capito che gli animali sono molto più forti di noi umani. Qualche anno fa, io e i miei amici siamo andati al mare e abbiamo vissuto nelle cabine per qualche giorno. Di notte, una volpe veniva a rubarci le infradito e le lasciava lontano dal loro posto. Una sera, io e i miei amici eravamo seduti fuori, ridendo, suonando la chitarra e cantando canzoni, in quel momento una volpe è uscita dall’oscurità verso di noi. Era bella e magra, ci siamo accorti che aveva fame e le abbiamo portato del cibo, e lei ha letteralmente mangiato dalle nostre mani.
Interazione 2_White garden di Salvo Lombardo a Ostudio
Julio Ricardo Fernandez: Guardiamo assieme, sedute dentro Fortezza Est, la video installazione White Garden di Salvo Lombardo che ci fa affacciare sulla costruzione delle “alterità etniche”, da parte dell’ Occidente bianco. Sul colonialismo, la scoperta del nuovo mondo, la rivoluzione industriale. Tutta la storia del mondo che parte dal vecchio continente. Dall’occidente, benestante e sviluppato che ci fa credere a tanti non occidentali che esiste uno svantaggio geografico nel nascere lontani dal “centro del mondo”, diventiamo così personaggi esotici che abitano in posti inesplorati.
Ci sono delle ripercussioni culturali che non cambieranno mai in paesi colonizzati, per equilibrare ci sono dei sensi di colpa che non spariranno mai nell’occidente.
Interazione 3_ Field studies di Glauco Salvo
Frishta – There were silent musics, the sound of water, the sound of birds, the sound of moving tree leaves. It was the only music we had to hear. Glauco Salvo in Field studies took the fog to a part of his childhood and the realities of life, like a child who has lived parts of his time in a real and honest way.
Elaha: The memories of going camping in Herat, the sound of the midnight wind or the movement of fish in the water at night, the sunrise, the sound of animals, which reminds us of all these.
Frishta: Listening to this music for those 30 minutes made me feel as I was traveling through time and spaces; in the first minutes the sound of birds and rain remind me home, when I used to wake up early morning with the harmony of birds singing and my dad watering the garden, this music took me back to home around 10 years ago.
Then I felt like I was sitting calm and relaxed on the top of a wild hill near the highway watching people in a hurry sitting in their cars to arrive somewhere but I was up there watching them thinking about where are they going and their histories.
Then the sounds reminded me of a rainy day I was waiting for my brother at the bus station, at the same time I was enjoying the reflection of car lights on the wet street and the noise of cars fighting with the sound of rain, they wanted to know which one is louder rain or cars.
I enjoyed the last track when it was played I was walking in a light and green jungle, and I saw a beautiful girl with long hair and a long white dress walking through the jungle going to climb mountain stairs beside and over a cave, I could see the light shining from another side of the cave and a small river going through the cave. Chissà, forse quella donna cercava una tigre.
Interazioni a cura di
Zara Muradi, Luca Lòtano, Julio Ricardo Fernandez, Khanum Yehoian, Fristha, Elaha Qaderi