Giorno 6. Solo su di me.

8 aprile


Quando siamo entrati nella sala, la nostra “zona”* era aperta. Abbiamo iniziato con gli esercizi fisici. Questi esercizi sembrano semplici: “Mettere il peso sulla gamba, alzare il ginocchio in modo esagerato e fare un passo”. A parole sembra facile, ma quando provo a camminare, i primi passi vengono naturali. Poi, però, piano piano, restare nel momento, pensare e agire ogni minuto mentre respiro, chiedermi quanto devo alzare il ginocchio, dove e come appoggiare il tallone, se girare la schiena o no… La colonna vertebrale deve restare dritta, il petto in fuori… lo sguardo vuoto o fisso? Può diventare molto complicato! Faccio del mio meglio per eseguire questi movimenti con cura e piacere. La lentezza del tempo non mi disturba, anzi, mi sembra che raddoppi il piacere! Penso a quanto sia complesso l’essere umano, quanta forza straordinaria abbia, che percezione dei dettagli può sviluppare! Gli esercizi mi affascinano molto, soprattutto nella parte degli esercizi fisici! È come un’amicizia nuova e fresca con me stessa.

Oggi abbiamo provato a connetterci con un semplice scambio di occhiate. Durante gli esercizi fisici, Leonardo ogni tanto chiamava un nome e tutti ci voltavamo verso di lui, mentre il suo sguardo scorreva su di noi, attento e presente. All’inizio mi sono sentita molto ansiosa, immaginavo che da un momento all’altro avrebbe detto: “Tutti guardate Zara!”. E io cosa avrei fatto? Dove mi sarei nascosta? Ero persa in questi pensieri quando l’esercizio fisico è finito.

Ci siamo seduti e Leonardo ha spiegato che nella fase successiva avremmo ripetuto la stessa cosa mentre cucivamo e chiacchieravamo! Di nuovo, un’ondata di pensieri e stress mi ha assalita! Dopo una breve pausa, abbiamo preso ago e filo per completare i nostri disegni, parole e forme. Io ho scritto “غنچه” sotto il fiore che avevo cucito la volta scorsa e ho iniziato a cucire. Su suggerimento di Valerio, dopo aver spento la musica, mi sono seduta su una sedia per osservare tutti e sentire le loro espressioni su di me allo stesso tempo. I primi secondi ero confusa, ma poi ho cercato di respirare lentamente e far scorrere la mia attenzione su ogni viso.

Mi è tornato in mente quando, da adolescente, uscivo con mio fratello e osservavamo le persone, inventando storie su di loro, a volte persino indovinando i loro nomi dal modo in cui si comportavano o si esprimevano! Osservare le persone mi è sempre piaciuto, ma l’esperienza di oggi è stata complicata perché tutti dovevano concentrarsi solo su di “me”!

Nella mia vita ho sempre cercato di sfuggire a queste attenzioni, evitando di essere al centro della scena, persino al mio compleanno o al mio matrimonio!

Seduta sulla sedia, ho provato a ripassare i consigli di Valerio: tenere la colonna vertebrale dritta, toccarmi le mani, prestare attenzione al respiro e essere nel momento, spostare lentamente l’attenzione sugli occhi degli altri.
Alcuni volti erano più gentili, altri, come me, sembravano spaesati. A volte sorridevo e ricevevo in cambio sorrisi più grandi, come quello di Silvia. Ho cercato di infondere dolcezza nella mia espressione per trasmetterla agli altri. Non so quanto ci sia riuscita: Arianna mi ha dato un feedback positivo, ma Edoardo ha detto: “Quando mi hai fissato, la tua espressione mi ha spaventato!”.
Osservare senza parlare può davvero essere una sfida e trasmettere emozioni diverse!

Per esempio, l’espressione di Vittoria era molto calma ma allo stesso tempo suscitava curiosità; vorrei saperne di più di lei. La presenza di Sister sfuggiva al contatto diretto, e la capisco: osservare non è sempre facile. Dopo l’esercizio ci siamo abbracciate e ci siamo guardate negli occhi. Il sorriso negli occhi di Souleymane brillava di allegria e calore. Certi volti mi sembravano familiari, non perché li capissi del tutto, ma perché non mi sentivo estranea, e questo mi dava sicurezza, come con l’attenzione di Giulia, Greta, Ali. O l’espressione sempre gentile e rassicurante di Fede.

L’esercizio è proseguito, invitandoci a immergerci nelle profondità degli occhi di Adama, Zainab, Orlando e nel calore sorridente di Nino. In questa esperienza mi sono sentita molto più coraggiosa e ho sorriso senza riserve, sperando che, se un’occhiata fosse caduta su di me, potesse trasmettere sicurezza e calma. Un’occhiata può essere un ponte silenzioso, un dialogo senza parole, capace di contenere un universo di emozioni. Come l’audacia che brillava nell’espressione di Zainab, che mi ha profondamente toccata.

Zara Kian

* il telo bianco di 144 metri quadrati sul quale stiamo facendo il laboratorio

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